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sabato, Luglio 27, 2024

Il cinema di Pippo Mezzapesa: la realtà al servizio della finzione

Il regista racconta “Ti mangio il cuore”, la sua ultima opera cinematografica. Un ritratto crudo e veritiero, tra simbolismo animale e religioso, di una mafia che ancora non conosciamo: quella foggiana. Il rampollo di una famiglia mafiosa si innamora, ricambiato, della moglie di un esponente della cosca avversa e comincia con lei una relazione clandestina. Scoperti, i due giovani sono costretti a fuggire. Ma è tutto inutile, hanno rotto una fragile tregua che sfocia in una guerra crudele, forse senza fine, che li travolge entrambi.

Questa potrebbe essere una sinossi apparentemente efficace di “Ti mangio il cuore”, l’ultima fatica del regista bitontino Pippo Mezzapesa.

Attenzione, però: “Ti mangio il cuore” non è soltanto la travagliata storia d’amore di due ragazzi che hanno la sfortuna di vivere nel posto sbagliato insieme alle persone sbagliate. Sarebbe davveromiope e superficiale considerare questo film come un semplice e sanguinoso remake di “Romeo e Giulietta” in terra di Puglia. Anzi, questo non è neanche un film di mafia nel senso più classico deltermine, benché non manchino le scene d’azione, anche cruente. Né si deve commettere l’errore di farsi distrarre dalla presenza di Elodie che, più nota finora per le sue capacità canore e musicali, qui si rivela anche valentissima attrice nella parte di Marilena, la protagonista.

Si è di fronte a un’opera, invece, estremamente pregiata dal punto di vista cinematografico e culturale. Mezzapesa dipinge il ritratto crudo e inquietante di una mafia spesso trascurata dalle cronache, la quarta, quella foggiana, se possibile ancora più arcaica e crudele delle sue altre tre più famigerate sorelle.

“Avevo letto, anni fa, della vicenda di Rosa Di Fiore, la prima pentita della mafia garganicaspiega il regista -. Più recentemente ho ritrovato la sua storia nel romanzo d’inchiesta scritto da Carlo Bonini e Giuliano Foschini, cui mi sono ispirato e da cui il film ha poi preso il titolo. Il romanzo, oltre a raccontare la storia di Rosa, fa una precisa e attenta panoramica del fenomeno mafioso del foggiano, raccontando le varie faide succedutesi nel tempo. Sono partito da questi elementi e ho cercato poi di condensare in un’unica narrazione tutta l’efferatezza di questa nuova esconosciuta forma di criminalità organizzata, rievocando alcuni degli episodi più significativi legati ad essa”.

Infatti, nella trama, ci sono evidenti riferimenti alla cronaca nera passata e recente: dalla faida tra lefamiglie Romito e Li Bergolis, che per molti anni ha insanguinato il foggiano, alla tragica fine dei fratelli Luigi e Aurelio Luciani di San Marco in Lamis, agricoltori uccisi senza pietà, colpevoli solo di aver assistito, per puro caso, a un omicidio.

Francesco Patanè, Lidia Vitale @Sara Sabatino

Raccontare una storia di fantasia attingendo dalla sorgente della realtà: per Mezzapesa non è la prima volta, basti pensare al suo film precedente, “Il bene mio”, in cui l’ultimo abitante di un paese devastato dal terremoto, interpretato da un ottimo Sergio Rubini, si rifiuta di lasciare per sempre la propria casa. Impossibile non riconoscere, in alcune scene, il chiaro richiamo al terremoto del Molise che causò il crollo della scuola elementare Francesco Jovine di San Giuliano e la tragica morte di tanti bambini.

“Sì, l’ispirazione nasce spesso da vicende reali che inserisco in un contesto di fantasia dice Mezzapesa -. La differenza tra i due film sta nel fatto che “Il bene mio” è un film sull’importanza della memoria. In “Ti mangio il cuore” invece l’intento è quello di raccontare nella maniera più articolata e veritiera possibile un fenomeno che non si conosce abbastanza e che ha fatto del suo essere misconosciuto la propria forza”Viene da chiedersi come abbia fatto la mafia foggiana a restare nell’ombra per così tanto tempo.

Elodie, Pippo Mezzapesa @Sara Sabatino

“I motivi, a mio parere, sono duedice il regista -. Da un lato le altre mafie hanno sempre avuto un modo di manifestarsi molto più plateale, dall’altro c’è stata, inizialmente, anche unasottovalutazione dell’elemento foggiano/garganico. Si tratta di una criminalità che non è stata raccontata mai abbastanza, né contrastata. Ora, per fortuna, il lavoro e le sentenze della magistratura hanno decretato che si tratta di un fenomeno mafioso a tutti gli effetti”.

Mezzapesa per raccontare questo orrore sceglie in “Ti mangio il cuore” un bianco e nero anomalo epotente che scolpisce gli sguardi e i movimenti, forse a creare una continuità cromatica con la terra,che spesso diviene una sostanza ibrida, molle di fango e letame, e col sangue, che si intuisce vermiglio, ma scuro e malato, simbolo rassegnato di un male ineluttabile. Stesso colore, potremmodire, tinge il linguaggio. Un dialetto sporco di termini gergali mafiosi, tramite il quale le parolecambiano di significato. Così “magnare” diventa sinonimo di uccidere e l’ultima preghiera delcondannato a morte è la frase “lassame ‘a faccia”.

Michele Placido @Sara Sabatino
Elodie @Sara Sabatino

Tutto questo sotto l’egida della divinità, sempre presente nella sua forma di tradizione religiosa o festa popolare. “Accade spesso nei miei film sottolinea il regista -. Anche ne “Il bene mio” c’era la statua della Madonna a rappresentare l’ultimo cuore pulsante del paese devastato dal sisma. La tradizione religiosa ha una funzione simbolica, ma anche una sua fascinazione. Esercita sulle comunità una forza che mi piace raccontare. Impossibile narrare la Puglia senza inserire un elemento che abbia a che fare con la religione. Viviamo in una terra in cui i paesi sono attraversati continuamente da bande e processioni, sono momenti che fanno parte della nostra identità culturale, per questo in “Timangio il cuore” scandiscono la vita dei protagonisti. La tradizione religiosa trae la sua potenza narrativa dal suo contrasto con la modernità. È bello raccontare una terra in cui questi contrasti sono così vivi e autentici. È bello perché non c’è nulla di costruito o artificioso”.

Quello legato alla religione non è l’unico simbolismo presente nel film. Ce n’è un altro, ugualmente forte, quello legato agli animali. “Il bene mio” aveva già introdotto questo tema, assegnando a un gregge di pecore il compito di dareinizio alla storia, poi di terminarla. In “Ti mangio il cuore” diversi animali (maiali, pecore, vacche,galline, cani), proprio come le tradizioni religiose, scandiscono la vita, ma soprattutto la morte deiprotagonisti. “Sì, anche qui c’è una funzione fortemente simbolicaspiega Mezzapesa -. Racconto, in fondo, una società che ha dei forti elementi ancestrali, quindi è molto legata agli animali. Le dichiarazioni di guerra e le riappacificazioni si fanno, ad esempio, attraverso di essi. Raccontare questa storia senza utilizzare la metafora degli animali sarebbe stato impossibile”.

di Thomas Pistoia

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