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mercoledì, Maggio 15, 2024

Bellezza è…

da “Puglia tutto l’anno” agosto 2020

Bellezza è il bambino. Corre per la campagna, la esplora e la conquista. Suo padre è lì che dissoda, pota l’ulivo, innaffia i pomodori. Ha i colori della primavera, la terra, perché adesso è primavera. Il bambino li conta e li confronta. Un colore lo attrae più di tutti. È un blu vellutato. Ce l’hanno minuscoli fiori che formano un manto vicino al muretto. Si abbassa a guardarli e poi ne strappa uno. Si accorge che solo se ce n’è tanti insieme è bello il colore. Primaverile è anche il vento, perché il soffio è leggero, una calda carezza.  E poi ha un buon profumo, di tenera erba appena spuntata. Respira, il bambino, a pieni polmoni. È alla memoria che è apparso, il bambino. E non se ne va. Perché solo lì adesso si corre, ci si abbraccia, si gioca. Angusta è invece la stanza. Lontano il respiro dei campi. È cupo il presente. Soltanto il ricordo ora è dolce, gioioso. E allora, che allenti, il pensiero, le briglie, assecondi le imprese!

Bellezza è la lucertola. Il bambino l’ha vista affacciarsi tra le pietre, l’ha attesa. Ha pronto il suo cappio. È un filo di avena selvatica. Se riesce a infilarle la testa e, lesto, a dare uno strappo, la potrà poi portare a guinzaglio, per un po’, e ammirare tranquillo quel verde brillante, frenarne la corsa. Le farà fare il giro del campo, accanto al muretto. Ha un curioso merletto di pietre, il suo campo, uno scialle, una frangia elegante che chiude, di là, l’uliveto, di qua i mandorli, i peschi, il fico gigante.

Bellezza è la pietra. Il lichene la rende più varia. Se è umido, e il muschio si aggiunge, o un rovo s’affianca, il muretto si fa come l’orlo di un grande presepe. La casupola pure, lì a un angolo, è fatta di pietre, ammucchiate, ordinate, disposte con grande maestria a formare una cupola. È lì che conserva la zappa suo padre. Il rastrello, la roncola. E l’anfora d’acqua, panciuta. È lì che dirige la preda il bambino. Vuol darle da bere, per poi farla andare. C’è ombra in quel luogo. Se piove, è un riparo. Il bambino lo chiama furnì. Glielo ha detto suo padre quel nome. E al padre, suo padre. È un’antica parola, che piace al bambino.

Perché la parola è bellezza. È bella la voce che insegna a parlare. È bella la voce che apprende. Ha un po’, la parola, del fiore, un po’ del dipinto. È fatta di umano e divino. Del pensiero essa è la sostanza, come il filo lo è dell’arazzo, del mosaico la tessera dura. Del pensiero, essa è pure strumento. E il cantore che intreccia parole è signore di un dono sublime. Parla al cuore, egli, e alla mente. Conosce il mistero. Sa che l’uomo è un pantano nel quale si specchia l’azzurro del cielo. Bellezza è il papà che ha raccolto la rosa. Il figlio lo guarda mentre, a strati, egli colma il paniere. Ci mette le fave, e i primi fioroni. Poi ci andranno le pesche, gli dice, poi i fichi. Più tardi, d’inverno, le ulive. Si spera, gli dice. E che siano tante, e di resa. Sopra, infine, protetta da foglie, sistema la rosa. Tornato a casa, la darà alla sua donna. Per te è questa – dirà – mia padrona!

Vede in lei la Bellezza.

di Salvatore Tommasi

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