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venerdì, Maggio 3, 2024

Un “Christmas Carol” ambientato a Otranto

Carlo Stasi e i misteri del romanzo di Walpole


Carlo Stasi, autore del Dizionario Enciclopedico dei Salentini (2018), e della famosa leggenda di “Leucasia” (di cui abbiamo parlato in un’intervista nel numero di giugno), ha pubblicato di recente i risultati di una ricerca che risale agli anni universitari (è lo sviluppo della sua tesi di laurea del 1984). Nel volume Otranto nel mondo. Dal “Castello” di Walpole al “Barone” di Voltaire (Galatina, Editrice Salentina, 2018) Stasi raccoglie, integra ed amplia i suoi saggi riassuntivi Otranto e l’Inghilterra (Lecce, Argo, 2003), Otranto nel Mondo (Lecce, Argo, 2004) e l’inedito Otranto and Australia (Bari 2009),

Nelle dense 400 pagine del volume riccamente illustrato le sorprese sono tante, una riguarda il Natale.


 

Cosa c’entra Otranto col Natale?

«In Inghilterra un’antica tradizione celtica consisteva nel raccontare attorno al camino storie di paura (winter tales, come il titolo di un’opera di Shakespeare) ma questa tradizione esisteva anche nel Salento li cunti allu focalire con le storie degli scazzamurrieddhi (ma anche uri olaurieddhi). Con la cristianizzazione quelle natalizie erano chiamate Christmas carol e il racconto (o canto) di Natale più famoso è proprio Christmas Carol di Dickens, ma colgo l’occasione per segnalare che nella notte di Natale del 1764 fu pubblicato a Londra uno dei più importanti romanzi nella storia della letteratura inglese, The Castle of Otranto, che è proprio un racconto natalizio più lungo (un romanzo in 5 capitoli come i 5 atti di un’opera teatrale)».

Perché è importante Il Castello di Otranto?

«Presentato come un manoscritto ritrovato e pubblicato a Napoli nel 1529 dal canonico di Otranto Onofrio Muralto, il romanzo, più che per il suo effettivo valore letterario, è importante nella storia della letteratura inglese, per essere stato il primo romanzo “gotico”, nero o del terrore, e per aver inaugurato un genere letterario che vedrà opere più note al grande pubblico come Frankenstein di Mary Shelley, Dracula di Bram Stoker, e tutto il filone horror (fino allo splatter e al fantasy tipo Harry Potter) contemporaneo (si pensi a Stephen King)».

Pianta di Otranto nel Regno di Napoli in prospettiva (Napoli 1703) dell’abate Pacicchelli. Il castello è segnalato dalla lettera A. Thomas Salmon la ricopiò nel suo libro.

Chi era l’autore del romanzo?

«Uno scrittore inglese, Horace Walpole (1717 –1797), figlio del primo Primo Ministro inglese Sir Robert Walpole (il primo ad abitare al famoso Numero 10 di Downing Street, ancora oggi dimora del primo ministro britannico). Dopo gli studi a Cambridge, scese in Italia per il Grand Tour col compagno di studi il poeta Thomas Gray (autore del celebre poema preromantico Elegia scritta su un cimitero di campagna che influenzò I Sepolcri di Foscolo). Tornato in Inghilterra comprò (1749) un’abitazione a Twickenham (a sud di Londra sul Tamigi) che trasformò in una villa-castello neogotico (chiamata Strawberry Hill, cioè “Collina delle Fragole”, ora St. Mary’s College), dando l’avvio al cosiddetto “Revival gotico” (o “Neogotico”) in Inghilterra (lo stile in cui furono costruiti il Parlamento ed il Big Ben a Londra per esempio). Nonostante varie opere in versi e prosa, cataloghi d’arte (negli Anecdotes of painting in England cita il pittore leccese Antonio Verrio), ecc., la sua opera più nota è The Castle of Otrànto (con l’accento sulla “a” come lo pronunciano gli inglesi), un romanzo pubblicato anonimo (e stampato a Londra la notte tra il 24 ed il 25 dicembre 1764), che fu un successo clamoroso e fu subito tradotto in tutte le lingue. Walpole divenne famoso in Inghilterra al punto da essere soprannominato Mr. Otrànto. Walpole è inoltre noto per aver coniato il termine “serendipidità” in un suo racconto».

Quindi immagino che sia venuto ad Otranto.

«Assolutamente no! Visitò Firenze, Roma, Napoli, gli scavi appena aperti di Ercolano, quindi rientrò in Inghilterra».

E come mai, allora, ha ambientato il suo romanzo a Otranto visto che non c’è mai stato?

«Questa fu la prima domanda che mi feci quando iniziai le ricerche per la mia tesi di laurea sul romanzo. La risposta più ovvia era che a Otranto ci fosse venuto davvero. Dalla biografia di Walpole, documentata dal suo immenso epistolario, sappiamo invece per certo che non andò mai ad Otranto se non “con la fantasia” ed a costruirvi il suo “castello in aria”.

Come ho cercato di dimostrare nel libro, il romanzo di Walpole è importante anche perché ebbe tra le conseguenze quella di “spostare” verso il Salento la rotta dei viaggiatori del Grand Tour, cioé i primi “turisti”, inglesi, francesi, svizzeri e tedeschi. Un esempio: nel 1786, una stravagante scrittrice inglese trapiantata a Napoli, Elizabeth Craven, principessa di Berkeley detta “Lady Craven” (1750 – 1828), inviò un bellissimo acquerello eseguito da Willey Reveley nel 1785 (quando passò da Otranto col collezionista Sir Richard Worsley per andare in Grecia). E qui comincia il “giallo”!»

Frontespizi della Storia di Pitagora (1751) di Samuel Croxal e de Il castello di Otran- to pubblicato anonimo la notte di Natale del 1764, con datazione posticipata al 1965.

Ma non era un romanzo “nero”?

«Sì, ma il “giallo” riguarda la risposta di Walpole a Lady Craven in una lettera (22 anni dopo la pubblicazione del romanzo). Scrive di aver ricevuto: «un delizioso disegno del castello di Otranto … Io non sapevo neppure che ci fosse un castello di Otranto». Ricevuto l’acquerello Walpole scrisse (1888) a Lord Hamilton, ambasciatore inglese a Napoli, per chiedere notizie del castello; ed Hamilton, che l’aveva visitato con la moglie (la famosa Lady Hamilton, amante di Nelson) gli rispose: «Puoi stare certo che il castello di Otranto esiste e non è un castello in aria». Walpole a questo punto fece realizzare a Inigo Barlow un’incisione pubblicata da Walpole stesso in una edizione del romanzo con una significativa didascalia il Castello di Otranto… come ora esiste nel Regno di Napoli quasi a voler ribadire che il castello creato dalla sua fantasia si fosse “ora” materializzato».

Come faceva Walpole a parlare di un Castello a Otranto se ne ignorava l’esistenza?

«Semplice: mentiva! È la “finzione” letteraria! A conferma del fatto che Walpole mentisse sulla sua ignoranza relativa alla presenza di un castello a Otranto, si noti che Walpole, non poteva non sapere (o almeno non immaginare) dell’esistenza di un castello ad Otranto. Nel suo romanzo cita un altro castello, quello di Falconara (nel comune di Butera) sul tratto di costa siciliana tra Licata e Gela costruito nel XIV secolo; il castello, isolato com’è, non è segnato neppure su molte cartine odierne. Se dunque Walpole sapeva dello sperduto castello di Falconara, perché non avrebbe dovuto sapere, benché affermi il contrario, del castello di una città come Otranto? Otranto, infatti, era a quell’epoca un importante centro politico (in quanto capitale della provincia detta per l’appunto “Terra d’Otranto”), commerciale (in quanto porto ed emporio fondamentale per tutti i traffici col Levante ed ultimo approdo cristiano, nonché sede di console britannico) e militare (in quanto per la sua posizione, all’imboccatura dell’Adriatico, il “Mare di Venezia”, era il primo baluardo orientale d’Italia nella difesa dalle scorrerie turche). La sua posizione quindi era talmente strategica da lasciar facilmente presumere la presenza di fortificazioni, e quindi di un castello all’altezza della situazione».

La copertina del libro Otranto nel mondo

Insomma, sappiamo che non è stato a Otranto, dice di non sapere niente del castello, perché ha scelto Otranto come setting?

«Per quanto riguarda la scelta del nome di Otranto, scrive Walpole a Lady Craven: «Quando terminai di scrivere la storia guardai sulla mappa del Regno di Napoli alla ricerca di un nome che suonasse bene, e quello di Otranto era molto sonoro».

Ecco perché, allora!

«No, questo è quello che hanno pensato centinaia di studiosi prima di me, che hanno data per buona la spiegazione. Scandagliato in tutte le direzioni dalla critica precedente, il romanzo mi ha offerto la possibilità di venire osservato da un’ottica tutta particolare e privilegiata quale può essere quella, nel mio caso, di un salentino, con tutto ciò che questo implica in termini di conoscenze di storia e cultura locale ignota ai critici non salentini. L’analisi di questo testo è diventato dunque un pretesto per scoprirne il contesto. Per mostrare i rapporti culturali storicamente esistenti tra Inghilterra e Salento mi sono avvalso di un’ampia documentazione in una ricerca che coinvolge le letterature inglese, italiana, salentina nonché le influenze, le confluenze, gli intrecci e le suggestioni tra Walpole e Otranto, tra Walpole e la Terra d’Otranto. Ma se l’ambientazione otrantina pare casuale, perché in realtà la Otranto di cui parla Walpole è una città immaginaria, l’inserimento di personaggi della storia pugliese, il riferimento a San Nicola, le indicazioni geografiche sulla posizione del Castello rispetto alla Cattedrale ed alle grotte della costa, rivelano le fonti dell’autore».

Il giallo si infittisce!

«Già! Ma ci sono due indizi. Primo: se Walpole avesse scelto, come dice, il nome di Otranto quando ebbe finito il romanzo avrebbe dovuto praticamente riscrivere tutta l’opera da capo dal momento che la trama è imbastita su uno sfondo di storia crociata. Quindi Walpole sa che la Puglia fu la regione più interessata a questo fenomeno poichè dai porti di Puglia (come Barletta, Trani, Bari, Monopoli, Brindisi, Taranto ed Otranto) si imbarcarono i crociati e, per secoli, i pellegrini (compresi quelli inglesi) diretti in Terrasanta.

Secondo: se Walpole ha scelto il nome di Otranto trovandolo sulle mappe del Regno di Napoli, è possibile che abbia potuto consultare numerose mappe, non solo inglesi (che non mancavano nella sua ricca biblioteca di bibliofilo e collezionista), ma la più probabile mappa consultata da Walpole potrebbe essere quella tratta da Il Regno di Napoli in prospettiva (Napoli 1703) dell’abate Giovan Battista Pacichelli semplicemente perché, nello stesso volume, c’è sia la mappa di Terra d’Otranto sia l’illustrazione (tra le altre) della città di Otranto con le lettere a stampatello ad indicare i vari monumenti: il primo (la lettera A) è proprio il Castello.

Questa illustrazione fu ripresa pari pari dall’inglese Thomas Salmon che la pubblicò nel suo The present State of Italy (edito nel 1739) e, nel testo, così dice di Otranto: «Otranto sita nel Golfo di Venezia, nella parte più orientale d’Italia […] Fu distrutta dai Turchi nel 1480, […] ed è difesa da un castello costruito su una roccia […].» Più chiaro di così!

Un ulteriore spunto nel suggerire a Walpole non solo la scelta del nome, ma anche l’idea del “manoscritto ritrovato” (che tanto successo ebbe nella successiva tradizione del romanzo, vedi Manzoni) sia stata “presa” da Walpole da un libretto scritto da Samuel Croxal (1751) dal titolo La storia segreta di Pitagora col sottotitolo tradotto dalla copia originale recentemente trovata ad Otranto in Italia. Guarda caso il titolo completo del romanzo di Walpole è Il Castello di Otranto, una storia tradotta da William Mar- shal, dall’originale italiano di Onofrio Muralto, canonico della Chiesa di San Nicola ad Otranto, e nella Prefazione riferisce che il manoscritto fu ritrovato nell’Inghilterra del Nord e pubblicato a Napoli nel 1529 in “caratteri gotici”.

Prima parlavi dei personaggi del romanzo…

«Il romanzo, ambientato all’epoca delle crociate, narra le vicende del principe di Otranto, Manfred (usurpatore ai danni di Alfonso), della moglie Ippolita, dei loro figli Corrado (promesso sposo di Isabella) e Matilda (uccisa per errore dal padre), di Federico, del giovane contadino (in realtà legittimo principe ereditario di Otranto) Teodoro, figlio di frate Girolamo. I personaggi sono stereotipati, i nomi richiamano personaggi storici del Regno di Napoli, e Manfred è il tipico “villain” (cattivo) italiano (cattolico, “papista” e quindi, cinico, corrotto, immorale, crudele, passionale ed astuto come molti personaggi italiani della letteratura inglese sulle orme dello stereotipo dell’italiano creato grazie all’errata interpretazione del pensiero di Machiavelli ed alla deprecata corruzione della Chiesa Cattolica). Ti dicono niente i nomi?

Beh, sì, penso a Manfredi, Federico…

«Esatto! In sintesi estrema: come non pensare a Federico II di Svevia che ebbe due mogli di nome Isabella (una delle due inglese sepolta a Foggia), due figli come Manfredi e Corrado IV e tanto altro che lascio al lettore scoprire nel mio libro. Se poi si infilano le località, anche se non espressamente citate, in base ai personaggi del romanzo, si scopre che la Puglia, ci entra tutta, da nord a sud, da Manfredonia fondata da Manfredi (principe di Taranto poi re di Sicilia, usurpatore ai danni del fratellastro Corrado IV), ad Andria dove Isabella d’Inghilterra morì di parto nel dare alla luce Corrado IV ed è sepolta, al vicino Castel Del Monte fondato da Federico II di Svevia, alla Bari di San Nicola (era patrono di Bari e della Puglia) invocato dalla servetta Bianca (Bianca Lancia, madre di Manfredi, signora di Monte Sant’Angelo, fu amante ed ultima moglie di Federico II, morta prigioniera nel castello di Gioia del Colle), a Brindisi il cui patrono è San Teodoro (donde il nome di Teodoro, l’eroe del romanzo), per finire a Otranto (la città liberata nel 1481 da Alfonso d’Aragona, marito di Ippolita Maria Sforza) dove il personaggio è il “Castello” stesso (come si evince dal titolo del romanzo) e le mura della città conservano la Torre Alfonsina (cioé fatta costruire da Alfonso) e la Torre Ippolita (moglie di Manfred nel romanzo).

A questi personaggi va aggiunto Horace Walpole in persona che si “nasconde” dietro il nome di Onofrio Muralto. Già Walter Scott (padre del romanzo storico) aveva intuito che il nome di Walpole stesso, Orazio (Horace), che richiama il poeta apulo di Venosa, è stato sostituito dall’assonante Onofrio (Onuphrio).

Ma io sono andato oltre e mi è bastato leggere tra le righe per scoprire la “maschera” di Walpole: Il cognome di Walpole è composto da due parole: ‘WALL’ e ‘POLE’. Wall + Pole = Walpole
. ‘Wall’ in italiano è ‘muro’ e ‘Pole’ è ‘palo’, ‘asta’, ‘pertica’, insomma qualcosa di ‘alto’. Walpole ha così trasformato il suo cognome in: Muro + Alto = Muralto».

Porta Alfonsina (fonte comune di Otranto.it)

Accidenti! Un vero e proprio Teorema!

«Sì! Aggiungerei che invertendo l’ordine di Muralto abbiamo AltaMura (città fondata nel 1232 da un certo Riccardo, altro personaggio del romanzo, su concessione di Federico II).

E non finisce qui! Una volta sondate le possibili fonti di Walpole e la presumibile genesi del romanzo, anche alla luce di una analisi dei personaggi e degli evidenti riferimenti a personaggi storici della storia salentina, pugliese e meridionale, la mia ricerca è proseguita nell’analisi delle “conseguenze” del romanzo a livello storico e letterario. Durante la bella époque il romanzo fu addirittura considerato da André Breton e dai surrealisti il primo esempio di romanzo realizzato con la tecnica della “scrittura automatica” perché Walpole lo scrisse di getto in seguito ad un incubo (anche questo narrato nelle sue lettere). Ma poi ecco comparire Voltaire…».

Mi chiedevo, infatti, perché nel titolo del tuo libro fosse coinvolto Voltaire?

Ho riesumato uno semisconosciuto “libretto d’opera” di grande filosofo illuminista francese Voltaire e l’ho tradotto e pubblicato per la prima volta in italiano nel volume con testo francese a fronte: Le Baron d’Otrante. (1769). Il libretto, che fu affidato per essere musicato al musicista franco-belga André Grétry (che non ne fece niente), racconta la conquista di Otranto da parte dei turchi (un chiaro riferimento al Sacco di Otranto del 1480) e la scena si svolge nel suo castello, definito “famoso” da Voltaire proprio perché appena 5 anni prima (1764) Walpole ci aveva ambientato il suo romanzo “gotico”.
Ma Voltaire stesso potrebbe aver suggerito quel nome a Walpole perché, pochi mesi prima della pubblicazione del Castello d’Otranto, nel suo Dizionario Filosofico (pubblicato nella primavera del 1764) alla voce “Corano” aveva scritto: «Questo libro governa dispoticamente tutta l’Africa, […] fino al piccolo stretto d’Otranto dove finiscono tutti questi immensi possedimenti». Otranto è quindi per Voltaire “la città di confine” col fanatico mondo islamico, un mondo che per secoli ha creato “terrore” nell’occidente cristiano. Lo “stretto di Otranto” è detto “piccolo”, cioé troppo stretto per arrestare il preoccupante dilagare, secondo Voltaire, del fanatismo dell’islam. Quindi quale luogo migliore di Otranto per rappresentare il terrore (in Walpole) e i saccheggi dei fanatici turchi musulmani (in Voltaire)? Ma le sorprese non finiscono qui…»

Cioè?

«Ho scoperto che negli Stati Uniti ci sono 4 paesi chiamati Otranto e in Canada una montagna di 2.459 metri è chiamata Otranto Mountain».

Per una città di mare in un territorio pianeggiante e assediata dal mare come Otranto non è male avere una montagna dedicata! E queste informazioni si trovano nel tuo libro?

«Sì e tante altre! Sempre grazie all’opera di Walpole, due navi inglesi furono chiamate H.M.S. Otranto: il primo piro- scafo a vapore (varato nel 1909 dalla compagnia di navigazione inglese Orient-Royal Mail Line per il servizio passeggeri Londra-Australia era lungo 59 metri) e, durante la I Guerra Mondiale, fu armata e partecipò alla Battaglia navale di Coronel (1° novembre 1914). A questa nave affondata in un incidente nel 1918 è stata dedicata Otranto Mountain nel 1960. Il secondo piroscafo (varato nel 1926 dalla Orient Line e demolito nel 1957 era lungo 192 metri; il Titanic 270) trasportò migliaia di emigranti inglesi ed irlandesi in l’Australia, e durante la II Guerra Mondiale, partecipò agli sbarchi in Africa, Sicilia e Salerno. Ecco perché in Australia ci sono strade chiamate Otranto Avenue (a Caloundra ed a Culburra Orient Point), Otranto Street a Bridgewater, ecc».

Pure in Australia!

«Sì. Ed ancora: probabilmente era perché il nome di Otranto rievocava qualcosa di terrificante e misterioso, che Napoleone, nel 1809, dette il titolo di Duca d’Otranto al suo “sinistro” ministro della polizia Joseph Fouché. A testimonianza del fatto che grazie al romanzo di Walpole il nome di Otranto (altrimenti collegato ai terribili fatti del Sacco di Otranto del 1480) sia diventato nel mondo anglosassone e francofono sinonimo di misterioso, strano, fantastico ed insolito è che una rivista francese fondata nel 1991 e pubblicata dal “Gruppo Studi Estetici dello Strano e del Fantastico” di Fontenay aux Roses (Francia) si chiami Otrante, mentre “Professor Otranto” è il nome di un personaggio di alcuni episodi (2004, 2009) del serial thriller della tv canadese The Murdock Mysteries.

Per tale motivo ritengo che il Salento, ed Otranto in particolare, debba riconoscenza a Walpole (e perché no, anche a Voltaire), involontario promotore turistico ante-litteram, per esempio dedicandogli strade, convegni, un “festival del gotico” durante la stagione morta, durante le vacanze natalizie, gemellaggi, insomma un canale privilegiato con la Gran Bretagna ed il resto del mondo affascinato dalla letteratura “gotica” e dagli spaventosi “racconti natalizi” sotto il camino (Li cunti dellu focalire).

di Maria Rosaria De Lumé

Pubblicato il 19 dicembre 2022 alle ore 11:06

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