Il mio punto di partenza è il richiamo al concetto di SISTEMA FORMATIVO INTEGRATO: una proposta promossa e sostenuta da Franco Frabboni – pedagogista emiliano che, già negli anni ottanta, per rispondere alle sfide della contemporaneità, identificava la strategia vincente in una forte alleanza educativa tra 1) Scuola, 2) Famiglia, 3) Enti locali e 4) Associazionismo.
Lui auspicava la stipula di un vero e proprio PATTO DI FERRO tra i soggetti istituzionali su richiamati (il quadrilatero delle agenzie formative) e a me sembra che ora, alla luce delle sempre nuove e sempre più incalzanti emergenze ambientali, quel patto di ferro si imponga con estrema urgenza.
Le ragioni sono rintracciabili nella minaccia estrema rappresentata dal degrado ambientale, i cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità, il riscaldamento globale, le crisi energetiche, le varie forme di inquinamento e… altro ancora.
Questi “nuovi mostri” sono alle porte e anzi… sono già al di qua delle porte.
Sono entrati nelle nostre case senza chiedere permesso e ora vi spadroneggiano avvelenando le nostre esistenze. Si impongono come ospiti indesiderati e ingombranti che, nel corso degli anni, cibandosi della nostra indifferenza e del nostro opportunismo, sono cresciuti a dismisura pervadendo spazi, tempi e sogni.
Si mimetizzano nell’aria che respiriamo, si annidano nei cibi che ingeriamo e colorano di improbabili trasparenze l’acqua che beviamo.
Mi sembra allora di poter dire che in questo scenario non abbiamo più i tempi tecnici per ulteriori elaborazioni teoriche, né per astratte dichiarazioni di principio.
Quel patto di ferro cui facevo riferimento, adesso, non può più essere solo auspicato: va preso in carico e stipulato senza alcuna esitazione e senza ulteriori ritardi perché nonostante le numerose iniziative finalizzate alla promozione di una possibile coscienza ecologica, gli apprezzabili progetti attuati dalle scuole, le oceaniche manifestazioni a favore dell’ambiente con cui i ragazzi di tutto il mondo animano le piazze, nonché le continue sollecitazioni che vengono dai Ministeri e dalle Organizzazioni sovrannazionali, gli obiettivi raggiunti sono pochi e insufficienti.
Anche i percorsi migliori si rivelano fragili e a me pare che le cause che ne determinano la poca incisività risiedano nella frammentarietà degli interventi, nel sostanziale isolamento dei soggetti che a vario titolo se ne fanno carico e nell’assenza di coordinamento da parte di coloro che sono istituzionalmente preposti a garantirlo.
Le politiche educative in materia di educazione ambientale non possono procedere in ordine sparso perché in questa fase storica così incerta, turbolenta e quasi ingovernabile, non c’è spazio per un’educazione ambientale di tipo “romantico” che inneggia al contatto con la natura, alla bellezza dei luoghi (pochi a dire il vero) incontaminati e alla fuga dalle città come rimedio contro il “logorio della vita moderna”.
Richiamando il titolo di un libro di M. Mazzantini, possiamo gridare che “Nessuno si salva da solo” e che perciò dobbiamo orientarci verso forme di collaborazione interistituzionale e livelli di partecipazione intergenerazionali.
L’occasione per rigenerare le coscienze individuali e collettive e indurci a costruire sistemi, fare rete e praticare l’integrazione delle azioni ci è stata offerta dalla scossa emotiva provocata dal movimento “Fridays For Future”.
Non possiamo perdere questa occasione. E non possiamo ignorarla o banalizzarla.
Dobbiamo invece orientare singoli, famiglie e intere comunità verso un cambio di prospettiva che si configura come passaggio dall’educazione ambientale all’educazione allo sviluppo sostenibile.
Con tale espressione ci riferiamo a quella forma di sviluppo in grado di soddisfare le necessità delle attuali generazioni senza compromettere la possibilità di quelle future di soddisfare le proprie (Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo dell’ONU, 1987).
E qui si apre un universo complesso che chiama in causa comportamenti individuali e collettivi, scelte contingenti e progetti di vita, modalità di produzione e distribuzione di beni e servizi, abitudini quotidiane e modelli di consumo, interdipendenze funzionali (e disfunzionali) tra il sistema ambientale, il sistema economico e il sistema politico.
Ed è per tutto questo che il concetto di sviluppo sostenibile non può che tradursi in decisionalità politica, progettualità strategica, scelte di qualità, investimenti efficaci e concretezza operativa.
Evitare gli “errori ecologici” non basta più. Per dare slancio allo sviluppo sostenibile arginando in misura significativa i fenomeni che si stanno verificando, occorre promuovere la complementarità delle azioni e l’integrazione delle pratiche a tutti i livelli del sistema. Occorrono, pertanto, consapevolezze forti e percorsi di apprendimento diffuso che non si limitino al coinvolgimento delle scuole perché… le scuole ci sono, sono sempre presenti e sono sempre in prima linea nella gestione delle emergenze educative.
MA NON BASTA!
È necessario anche il coinvolgimento attivo delle famiglie poiché la famiglia rappresenta il primo, ineludibile e insostituibile anello educativo, capace di conferire continuità e forza alle azioni e ai contenuti proposti nelle scuole.
MA NON BASTA!
È necessaria la partecipazione-azione delle imprese, delle aziende e delle associazioni, intese come soggetti aperti, disponibili a dare vita ad una integrazione sistemica degli impegni che caratterizzano i propri settori d’intervento.
MA NON BASTA!
Più di ogni altra cosa, oggi, si impone come necessaria e indelegabile una decisa e robusta azione di coordinamento da parte delle autorità locali e delle amministrazioni regionali. Il loro protagonismo in materia di sviluppo sostenibile non può esaurirsi nel finanziamento di qualche progetto a tema o nella organizzazione di qualche incontro informativo.
Adesso occorre che gli Enti locali, nella loro doppia valenza di soggetti politici e amministrativi, all’interno dell’attuale cornice normativa nazionale (Cfr. Strategia Nazionale di Sviluppo Sostenibile) e sovrannazionale (Cfr. Agenda 2030 Sustainable Development Goals – SDGs), rispettino il loro mandato informando in modo capillare, indicando la direzione, stabilendo risultati attesi, verificando l’efficacia degli investimenti e valutandone l’impatto.
Solo in questo modo ciascuno di noi può dare il proprio contributo per la definizione-realizzazione di un grande disegno strategico proiettato nel futuro, che venga condiviso a 1) livello micro dalle singole comunità e a 2) livello macro dai Paesi e dai Popoli dell’intero pianeta.
E considerando il fatto che le agende politiche stanno attraversando una fase fortunata fino a diventare molto fashion, è forse il caso di cominciare a definire un’agenda della Regione Puglia, in cui inserire, in ordine di priorità, le azioni da mettere in campo a partire da oggi. E anzi, a partire da questo momento.
Non possiamo non farlo perché… NON ABBIAMO UN PIANO B!
Sara Bottazzo