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venerdì, Maggio 3, 2024

Segnali d’infelicità diffusa

In questi giorni le nostre città sono illuminate a festa e i commercianti fanno a gara per rendere più luminosi e accattivanti vetrine e negozi. A questo sfarzo non si sottraggono neanche i piccoli paesi, spesso in competizione fra loro, per mostrare la bellezza di borghi e stradine e invitare alla festa per la nascita di Gesù Cristo o semplicemente per salutare la fine di un anno e augurare che il prossimo sia migliore di quello passato. Ma non tutti saranno felici in questi giorni di festa. Non lo saranno, in Italia, 6 milioni di persone al di sopra dei 15 anni (cioè il 12% della popolazione) che vivono in una condizione di povertà alimentare. Secondo l’Istat, il 7,5 % delle famiglie è in condizioni di povertà assoluta; almeno 200.000 tra bambini e ragazzi non sono in grado di fare un pasto completo al giorno. Non saranno felici i bambini ucraini che da più di un anno vivono il dramma della guerra, dell’occupazione dei luoghi in cui sono nati e non hanno più una casa. Non saranno felici i piccoli di Israele, sottratti agli affetti famigliari in maniera barbara da spietati terroristi, né lo saranno i bambini di Palestina, colpevoli solo di essere nati in una terra contesa mentre l’esercito di Israele sta distruggendo le loro famiglie e le loro città. In questi territori di guerra, il numero delle vittime aumenta di giorno in giorno e quando i numeri si sostituiscono alle storie personali allora il rischio è che, fra poco, se ne parlerà sempre meno. Prende forma una sorta di assuefazione alla violenza della guerra, un’assuefazione a cui i mercanti di armi ci hanno abituato con le notizie quotidiane di morte e violenza. Qualcuno si domanda, nella roulette della vita, “potrebbe prima o poi toccare a me, la pallina potrebbe fermarsi vicino al mio numero”. E no, non siamo pronti ad affrontare questi pericoli e non lo siamo perché, da più di 75 anni il nostro Paese non conosce più la guerra. Nella nostra costituzione repubblicana, all’art. 11 è scritto che “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

Ha scritto Gino Strada il fondatore di Emergency: “Ogni volta, nei vari conflitti nell’ambito dei quali abbiamo lavorato, indipendentemente da chi combattesse contro chi e per quale ragione, il risultato era sempre lo stesso: la guerra non significava altro che l’uccisione di civili, morte, distruzione. La tragedia delle vittime è la sola verità della guerra”.

L’11 maggio di quest’anno Papa Francesco ha detto: “Mai la guerra ha dato sollievo alla vita degli esseri umani, mai ha saputo guidare il loro cammino nella storia, né è riuscita a risolvere i conflitti e contrapposizioni emersi nel loro agire”.

Tornando al nostro Paese, non ci può essere felicità fino a quando ci saranno i dati drammatici della feroce violenza sulle donne. I femminicidi continuano a crescere in maniera esponenziale, evidenziando un fenomeno gravissimo. Restiamo attoniti e disgustati dal perpetrarsi di questa violenza, che secondo psicologi e commentatori è l’effetto prodotto dalla cultura patriarcale.

Cultura? Ma quale cultura può accettare che vi sia una differenza economica e di opportunità sociali fra uomo e donna? Quale cultura può pensare che vi sia in una coppia il senso di proprietà dell’uno sull’altra? Quali sono i riferimenti culturali di chi violenta o distrugge la vita della propria compagna? Occorre una riflessione su questi temi. Dobbiamo fare in modo che il senso di impotenza percepito, che indurrebbe a chiuderci nella nostra dimensione famigliare nel tentativo di dimenticare, non ci consenta di accettare questo dramma quotidiano come se fosse inevitabile.

Cerchiamo di essere felici in questo periodo, ma lavoriamo, ognuno secondo le proprie possibilità, perché questa felicità si possa condividere con quanti non riescono ad averla nemmeno nei giorni di festa.

Questo numero è dedicato a considerazioni sul tempo e la lentezza. Ci sono tanti contributi su questo argomento che ci consentono di approfondire questi temi intimamente connessi. Vi invito a cercare nel nostro sommario l’articolo che più vi interessa. Ma consentitemi di ringraziare tutti i collaboratori della nostra rivista che si sta ritagliando uno spazio fra le testate che meglio raccontano la Puglia, non soltanto sotto l’aspetto turistico, ma anche sotto quello culturale. Un grazie particolare va a Maria Rosaria De Lumè e a Mario Blasi: senza la loro cura e  il loro prezioso contributo questa rivista non potrebbe andare in stampa.

Damiano Ventrelli


Direttore caro, condivido tutto. Ma estenderei i ringraziamenti a te che hai dedicato tante ore delle tue giornate senza risparmiarti nei giorni di festa e a tutta la redazione e ai collaboratori che hanno condiviso con generosità e straordinaria passione questo nostro Progetto. E anche agli sponsor e a tutti i nostri ormai affezionati lettori e abbonati che condividono e ci stanno sostenendo. Che sia un Natale sereno e un Anno migliore. 

Lucio Catamo (coordinatore editoriale)

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