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venerdì, Maggio 3, 2024

Orologi di Puglia – di Alessandro Laporta

Una noticina di carattere storico non stona, anzi è necessaria, prima di entrare nel vivo di questo argomento: si parla del tempo, su cui si regola la nostra vita, ed il calcolo del tempo, la scansione della giornata nel susseguirsi delle ore, che ossessiona un po’ tutti noi con il suo ritmo frenetico, ci è talmente connaturato che quasi non si accorgiamo della sua importanza.

Quindi la storia racconta di tre passaggi epocali, dalla meridiana alle campane, agli orologi meccanici non senza momenti intermedi che comprendono la clessidra, gli obelischi, il movimento ad acqua ed altre curiose invenzioni “parallele” escogitate con lo stesso medesimo obiettivo: dare una regola alla vita attraverso lo scorrere del tempo. Sono tre rivoluzioni che hanno lasciato traccia, ed il conflitto tra meridiane ed orologi è possibile documentarlo grazie alle epigrafi sopravvissute: la meridiana, esprimendosi con le parole delle Georgiche di Virgilio, declama: “Chi oserà dire falso il sole?”. Affermazione arrogante alla quale risponde, parlando dalla parte opposta della strada, l’orologio: “Io oso dire che il sole non è esatto”. È un dialogo muto, ma intenso e reale, che segna un decisivo momento di svolta, sintetizzato in rima: “Per molti secoli regnò sovrana / la meridiana / poi nacque l’orologio e nostra sorte / fu la sua morte”.

La meridiana che sprezzantemente aveva dichiarato la sua superiorità anche nei confronti dell’uomo: “io parlo e cammino, ma senza piedi e senza lingua” tenendo il potere per secoli, finiva per inchinarsi umilmente al neonato orologio. Siamo esattamente in Toscana, non ancora in Puglia, posso però per la nostra regione indicare quella di Noci, moderna, accostata all’orologio sulla torre civica quasi per mettere in concorrenza i due sistemi ed evidenziarne pregi e difetti, e quella più antica sulla chiesa della Madonna della Strada a Taurisano, nel Salento: sopravvivenze, che potrebbero dirsi tangibili, di una guerra pacifica e silenziosa conclusa con un annunciato trattato di pace.

L’orologio di San Ferdinando di Puglia domina il paese dall’alto della torre a pianta ottagonale: due volte al giorno una sirena collegata meccanicamente si fa sentire con un suono potente. L’uso era stato sospeso ma è stato ripristinato per l’unicità ed il rispetto della tradizione, ed alla base vi è il pozzo che anticamente forniva l’acqua ai cittadini. L’orologio oggi è diventato un simbolo, ricorda quotidianamente le origini antiche, ma fonde le tradizioni contadine con la tecnologia più avanzata: il funzionamento è infatti garantito dall’onorato marchio di fabbrica “Canonico” di Lagonegro, azienda attiva da oltre un secolo.

Già singolare per essere nato dalla forzata unione dei paesi di Canneto e Montrone, il Comune di Adelfia presenta una situazione ancora più singolare. È infatti la storia di due marchesi a farla da padrone: il marchese di Canneto Domenico Nicolai fu ardente mazziniano e protagonista del Risorgimento, il marchese di Montrone, Giordano Bianchi Dottula, anche lui in principio “effervescente”, come si diceva dei rivoluzionari, si mostrò invece fedele ai Borboni e si rese benemerito della Provincia di Bari che amministrò egregiamente in qualità di Intendente. Il bello è che a nessuno di loro fa riferimento l’iscrizione alla base dell’orologio: fra i due litiganti il terzo gode, come sempre, e ad essere nominata è la famiglia dei marchesi Gironda che li precedettero già sotto gli Aragonesi. L’orologio sovrasta gli stemmi araldici di questa famiglia e di Canneto, che rappresenta – come spiega la prima epigrafe – un leone in riposo all’ombra delle canne, e ribadisce che il paese godrà di benessere finché sarà governato dai Gironda. Più in basso una seconda iscrizione dà notizia che la porta d’accesso al paese fu costruita appunto da questi illustri signori nel 1554. Il motto dei bellicosi Gironda, che è inciso nel cartiglio retto dal piccolo leone (ci vuole lo zoom per poterlo leggere!) ricorda: “sapiens dominabitur astris”, in parole povere “il saggio non si lascia irretire dagli oroscopi”. Ma non finisce qui, e, incredibile ma vero, e di grande attualità, sono le stesse parole presenti su una moneta emessa il 5 settembre scorso dalla Banca Nazionale Ucraina per rendere omaggio ai militari impegnati nella guerra in corso.

Per l’orologio di Taranto, ci affidiamo ancora una volta alla suggestione della poesia, di una poesia bellissima, ‘U relogge d ‘a chiazze, e piena di pathos. Autore è Diego Marturano che rievoca in dialetto il tempo perduto dell’infanzia. La giornata era segnata dall’orologio e dalla presenza vigile ed amorosa della mamma: dalla sveglia  (“So l’otto figghie mine…No te mueve?”) al rientro a casa (“a scambanate m’a purtave ‘u vijende”) al tramonto (“chiù tarde po’ sunave Ave Maria”) alla sera (“Scinneve ‘a sere, skurisceve l’arie / tu appizzecave rrete a ‘u vitre ‘a luce”) al sonno ristoratore (“Tu me sunave ‘a nanne cu ‘a cambane”) fino alla struggente quartina finale: “Maje cchiù t’agghia sindè Relogge mije / cu quedda voce bedde de cambane / cumbagne buene, je voche assaije lundane / ma Tu prije pe’ me sunanne a Ddije!”. Egli prega perché l’addio al mondo sia segnato dallo stesso orologio, amico di una vita intera. L’edificio nel quale è inserito, mirabilmente riportato alla sua austera bellezza settecentesca, è oggi abbellito da una targa che reca i versi famosi del poeta tarantino.

Con Lecce la nostra piccola antologia si conclude: qui merita il ricordo Maestro Colamaria Gricello, il più antico orologiaio di Puglia di cui si ha notizia, che lavorava a Lecce, costruì l’orologio di Corigliano d’Otranto nel 1554 e vent’anni dopo sottoscrisse il contratto – ancora conservato – per quello di Molfetta. E c’è anche un suo erede contemporaneo, abilissimo meccanico e restauratore di orologi antichi, di cui va fatto il nome, Egidio Catullo. Perché ricordarlo? Perché a lui si deve il recupero di uno degli orologi di Monsignor Candido, il sacerdote-scienziato di Lecce: ne aveva costruiti quattro fra il 1868 ed il 1874, mettendoli in rete come si direbbe oggi, sincronizzandoli sulla stessa ora e li aveva fatti collocare nei punti strategici della città. Funzionavano azionati da pile elettriche, anche queste da lui realizzate, e diedero al capoluogo salentino un primato che nessuna altra città poteva vantare.  Il giornale francese “Le Monde” riportò la notizia che una “petit ville de Terre d’Otrante” si era dotata di questa meraviglia della tecnica di cui nemmeno Parigi, allora “capitale del mondo”, disponeva. Giuseppe Candido morì Vescovo di Ischia nel 1906 e nel I centenario della morte, 2006, le sue opere scientifiche sono state integralmente ristampate, a cura dell’Amministrazione Comunale, come devoto omaggio.

di Alessandro Laporta

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