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Per una quercia

da “Puglia tutto l’anno” aprile 2020

Sul mio campo ho visto spuntare tra le erbe la piccola foglia di una quercia spontanea. L’ho protetta dalla concorrenza, favorendo la sua crescita. Ora è un albero, la sua chioma sale e allarga l’ombra in terra. Così ho saputo che il suolo era adatto e ne ho piantate altre. Non sono contadino, non saprei ricavare dal campo di che vivere. Da circa mezza vita sono diventato, per residenza, un ammiratore della terra. Guardo diversamente da prima la varietà di forme che produce. Oltre alle querce, vengono bene le mimose e i mandorli. In pieno inverno la loro fioritura aggiunge al profumo la bellezza.

Da quando abito sullo stesso piano della terra ho cominciato a ricordare gli alberi. Il mandorlo indiano in un villaggio della Tanzania: sotto i suoi rami larghi la sera traducevo proverbi napoletani nella lingua del luogo, il Kiswahili.

Le immense sequoie della California cariche di neve, i ciliegi di Mostar fioriti nei campi minati, il fico mutilato da una granata che perdeva a gocce linfa bianca, il carrubo in un giardino di Ischia sul quale mi sapevo arrampicare. Gli alberi hanno formato un parco personale di ricordi.

Oggi uso per il camino il legno di mimose cadute e mi sembra strano sopravvivere agli alberi. Eppure anche loro subiscono stragi, come gli abeti schiantati dal vento sulle Dolomiti, gli ulivi del Salento seccati dal batterio parassita.

Gli alberi sono al mondo da quando la terra è emersa dal marasma di ghiacci e di gas.

Si adattano a climi e suoli inospitali e in questo li imitiamo. Assomigliamo a loro, secondo la visione di Betsaida, riferita nel Vangelo di Marco. A un cieco dalla nascita si spalanca per miracolo la vista e la prima immagine che passa nei suoi occhi è una figura umana. La descrive come un albero che cammina. È il più generoso e nobile accostamento tra la statura eretta della nostra specie e quella di un tronco. Il seguito del Vangelo riferisce che su quella visione il guaritore torna a intervenire una seconda volta per ridurla a semplice vista. “Albero che cammina”: resta il migliore complimento rivolto alla persona umana. Dev’essere per questo che in un bosco mi sento di passaggio dentro un’assemblea di patriarchi e in un campo di ulivi mi sento in una classe di maestri. Marina Zvetaeva, mia poeta preferita, scrive: “Una preghiera: non trattatemi come una persona invece come un albero che vi stormisce incontro”.

Vengo a sapere che la quercia Vallonea di Tricase è nella lista dei migliori esemplari viventi in Italia. Le sue ghiande hanno fornito reddito ai dintorni, la sua chioma ha ospitato secoli di nidi. Scrivo questa nota in omaggio a lei e la concludo con un’altra lei, ancora con la russa Marina: “L’albero, questo salmo di natura”.

di Erri De Luca


Nato a Napoli, Erri De Luca ha scritto narrativa, teatro, traduzioni, poesia. Il nome, Erri, è la versione italiana di Harry, il nome dello zio.  Ha studiato nelle scuole pubbliche De Amicis (elementari), Fiorelli (medie), Umberto I (liceo).  A 18 anni lascia Napoli e inizia l’impegno politico nella sinistra extraparlamentare, che dura fino ai 30 anni.   Termina nell’autunno ’80 con la partecipazione alla lotta contro le ventimila espulsioni dalla FIAT Mirafiori a Torino. Tra il ’76 e il ’96 svolge mestieri manuali.

Tra il 1983 e il 1984 è in Tanzania volontario in un programma riguardante il servizio idrico di alcuni villaggi. Durante la guerra nei territori dell’ex Jugoslavia, negli anni ’90, è stato autista di camion di convogli umanitari. Il suo primo romanzo, “Non ora, non qui”, è stato pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono stati tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in inglese, francese, swahili, russo, yiddish e ebraico antico, ha tradotto con metodo letterale alcune parti dell’Antico Testamento.

Per il cinema ha scritto il cortometraggio “Di là dal vetro”, “Il Turno di Notte lo Fanno le Stelle” (premiato al Tribeca Film Festival di New York 2013), la biografia musicale “La Musica Provata” e il documentario “Alberi che camminano”. Ha tradotto in napoletano e sceneggiato “La voix humaine” di Cocteau per l’interpretazione di Sophia Loren. In teatro è stato in scena con “Attraverso” (Mario Brunello, Gabriele Mirabassi, Marco Paolini, Gianmaria Testa); “Chisciotte e gli invincibili” (Gabriele Mirabassi e Gianmaria Testa); “In nome della madre” (Sara Cianfriglia e Simone Gandolfo); “In viaggio con Aurora” (Aurora De Luca); “Chisciottimisti” (Gabriele Mirabassi e Gianmaria Testa); “Solo andata” con il Canzoniere Grecanico Salentino. Pratica alpinismo. Le sue montagne preferite sono le Dolomiti. Nel settembre 2013 è stato incriminato per “istigazione a commettere reati”, in seguito a interviste in sostegno della lotta NO TAV in Val di Susa. Il processo iniziato il 28 gennaio 2015 si è concluso dopo cinque udienze il 19 ottobre 2015 con l’assoluzione ”perché il fatto non sussiste”. A sua difesa ha pubblicato “La Parola Contraria”, Feltrinelli. Vive nella campagna romana dove ha piantato e continua a piantare alberi.

(Biografia tratta dal sito Fondazione Erri De Luca – Ultima revisione gennaio 2019).

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