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venerdì, Marzo 29, 2024

L’eleganza tranquilla del Salento. Francesco Indovina

Una fugace presenza in Salento, molti anni fa, per un Convegno, mi aveva lasciato un piacevole ricordo, non tanto del luogo, quanto della gente, che trovo di qualità, ospitale e cordiale. Non voglio mettere in discussione né la magnificenza di Lecce né la bellezza degli uliveti, ma allora sono state le persone che più mi hanno colpito. Al pranzo mi era stato assegnato il posto di fronte alla Signora Sindaco, che sapevo essere del MSI, mi sedetti prevenuto e preoccupato. Il sindaco si dimostrò non solo convivialmente perfetta, ma anche intelligente e fautrice di politiche dell’accoglienza che non potevo non approvare.

I colleghi dell’Università di Bari mi hanno spesso invitato per lezioni e convegni, ma Bari è una grande città;  l’elemento urbano, della grande città, tende in parte a nascondere i caratteri del luogo, soprattutto quando questa  presenza è occasionale e in sostanza distratta.

Negli ultimi anni, invece, il Salento è stato il luogo delle mie vacanze estive. Ho abitato per lunghi periodi dei posti con un carattere fortemente originale e non modificato da una presenza turistica, comunque non numerosa e  discreta. Così al ricordo della mia prima esperienza si è sommata quella recente, suscitando in me un vero affetto per gli amici locali che ritrovo dopo ogni anno,  per la cittadina dove risiedo, Spongano, per il territorio che attraverso giorno dopo giorno per raggiungere il mare.

Queste cittadine, numerose, che costellano il territorio, hanno una loro eleganza, come dire, tranquilla. Un’eleganza non urlata, ma per di più, si potrebbe dire, diffusa. Non solo i pochi palazzi e le molte chiese hanno questo carattere, ma anche l’edilizia minore ha una sua dignità e si ha l’impressione che la miseria non abiti questi luoghi. Certo i problemi economici esistono anche qui, ma si ha l’impressione che trovino spesso una soluzione, anche se modesta, che evita lo strillo della povertà.La coerente qualità dell’abitato riesce ad assorbire anche qualche orrore di architettura moderna, attraverso i quali l’architetto o più spesso il geometra locale esprime la sua creatività.Ma sono le persone, con una sorta di innata gentilezza, con un alto senso della comunità, con un forte spirito di collaborazione, che amalgamano, per così dire, la qualità delle pietre con la qualità sociale. Non voglio dire, né potrei farlo, che anche in queste terre non si conservano antipatie e odi atavici, ma, per quanto se ne possa capire, questi non sono esplosivi.

Negli ultimi anni lo strazio per la malattia che ha investito gli uliveti, rende l’attraversamento di questo territorio una sorta di processione dentro il dolore. I tronchi spogli appaiono come contorcersi nella sofferenza, gridano aiuto. Ma a questo grido nessuno risponde se non, talvolta, con provvedimenti drastici. Se ci colpisce di più l’estetica, non si può non essere consapevoli del danno economico.Gli alberi di ulivo non sono solo uno strumento di produzione di ricchezza, ma sono anche elemento costitutivo del territorio, suo paesaggio ma anche sua essenza. Quando una terra presenta, per così dire, un dramma della sua stessa esistenza così evidente, che pone la tranquillità della popolazione a fronte di una tragedia naturale, si compone, così,  uno scenario drammatico, anche se composto.

Ma tutto questo non suggerisce di scappare, ma al contrario lega, al punto che alcuni si trasferiscono definitivamente in questa terra; non più abitanti occasionali  ma cittadini a tutti gli effetti. È una terra che si fa amare.

A tutto questo, per quanto mi riguarda, aggiungo il mare, per me essenziale. Rispetto al mio mare di origine, quello siciliano, o a quello frequentato per molti anni, quello sardo, il mare che incontro qui ha una qualità diversa, non faccio un confronto di valore, ma questo mi è caro,  forse più adatto alla stagione della mia vita. Esso contribuisce a farmi amare questa terra.


Francesco Indovina è uno dei più illustri urbanisti italiani, già professore di Analisi del territorio presso l’Università I.U.A.V. di Venezia, e di  Pianificazione urbanistica e territoriale al Dipartimento di Architettura, Urbanistica e Design dell’Università di Sassari con sede ad Alghero. I suoi contributi allo studio dei processi di espansione urbana attraverso una lunga serie di pubblicazioni hanno tenuto vivo il dibattito sulla pratica urbanistica. Già direttore della collana “Studi Urbani e Regionali” della Franco Angeli, è co-fondatore delle riviste “Archivio di Studi Urbani e Regionali” (ASUR), “Contropotere” e “Oltre il ponte”. Nel 2005 è stato il coordinatore scientifico del progetto internazionale di ricerca dai cui è nata la mostra da lui stesso curata “L’esplosione della città”, presso la Triennale di Milano.

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