11.3 C
Lecce
venerdì, Marzo 29, 2024

La nuova dimensione del turismo religioso

Tre domande a don Gionatan De Marco, Direttore dell’Ufficio nazionale della CEI per la pastorale del tempo libero, turismo e sport.

 


In alcuni suoi interventi lei parla di “turismo conviviale” che sembra una connotazione necessaria proprio in ragione di quel “religioso”. Dovrebbe essere un turismo “capace di diventare pane”: lo può spiegare brevemente? 

Il turismo conviviale è una declinazione al futuro di quello che fino a ieri chiamavamo turismo religioso. È un modo di tratteggiare l’esperienza del turismo con le coordinate della bellezza, dello stupore e della comunità. Oggi, soprattutto dopo l’esperienza pandemica, solo la bellezza potrà guarire quelle ferite dovute al distanziamento sociale e alle paure che il Covid ci ha inculcato. Una bellezza non da spiegare, ma da ascoltare. Una bellezza che porta con sé messaggi capaci di evocare attimi passati, quelli neri da ospitare e quelli luminosi da rigustare. Una bellezza capace di generatività con narrazioni che parlano meno di storia e molto più di vita, quella quotidiana della gente che ha bisogno non di cronaca, ma di messaggi, non di telecronache, ma di parabole capaci di riattivare sogni e desideri. Una bellezza che si fa scuola di stupore, che intendo non tanto come emozione, quanto come atteggiamento di fronte alla vita accaduta e di fronte alla vita attesa. Bellezza e stupore che si fanno pane nell’incontro con una comunità che non guarda al turista come un cliente, ma come un ospite… atteso, desiderato. Una comunità che sa attivare nell’ospite il sesto senso, quello di sentirsi a casa.

Crede che i tempi siano maturi e che il periodo e le difficoltà che stiamo vivendo  facilitino questo percorso?

Sono convinto che questo periodo sia tutto da ascoltare. Perché ciò che è accaduto non ha seminato paura e morte, ma ci ha messo di fronte alle nostre responsabilità di custodi disattenti nei confronti di una creazione che è stanca di essere sfruttata e deturpata. L’oggi non può ridursi in questione economica. Vorrebbe dire che non abbiamo capito nulla. L’oggi deve spingerci a scelte fino a ieri impensabili. E tra queste scelte vedo come urgente quella di adottare la convivialità come ritmo del vivere sociale ed economico… anche nell’ambito turistico. Esperienze sociali ed economiche che non si declinano lungo i tracciati del profitto, ma che si inclinano alla logica del dono che si fa scommessa sull’altro, sulle sue potenzialità e sui suoi talenti, sulle sue risorse e sui suoi sogni, sapendo che una strada spianata donata, prima o poi verrà ricambiata in ricadute sociali ed economiche impensabili, dove la gara non è a chi ha di più, ma a chi condivide di più per un benessere condiviso. Oggi, l’urgenza, non è rimettere in piedi il sistema Paese di ieri, ma fondare il sistema Paese di domani, avendo il coraggio di soppiantare le solite dinamiche dei pochi che emergono per far spazio a logiche sovversive dei tanti che danzano una vita realizzata, non più schiava dell’arroganza dei soliti noti. I tempi sono maturi? Lascio al lettore la risposta.

La Puglia da San Michele Arcangelo a S. Maria di Leuca offre mete turistiche ricche di storia e di spiritualità: quale l’approccio corretto del viator dei nostri giorni?

Il problema, a mio parere, non è l’approccio dell’homo viator di oggi, che – come quello di un tempo – si fa cercatore di messaggi capaci di dare un senso a quella vita spesso inquieta. Il problema, oggi, è di chi ha fatto di quelle esperienze di storie e di spiritualità una mera questione di marketing. Fin quando il turismo – soprattutto quello religioso – verrà programmato con logiche economiche, non darà mai al nostro territorio regionale la possibilità di essere una terra finestra. Occorre riportare il turismo nel recinto dell’antropologia, della sociologia, dell’educazione, perché solo allora tornerà ad essere luogo dove la storia riscrive storie e dove le comunità si riscoprono protagoniste di narrazioni autentiche e non succubi di storytelling prefabbricato. La Puglia ha una storia che dimostra che la scommessa del turismo conviviale è la più attuale e – se accolta e tradotta nei territori – può rivitalizzare comunità che vedono annerirsi il futuro perché sempre più spoglie di giovani. Il turismo conviviale scommette non sul piano di marketing, ma sul progetto di comunità che si riscoprono laboratorio di possibilità dove la bellezza si fa parola e le esperienze si fanno pane, per una restanza felice.

a cura di Ilaria Lia

Previous article
Next article

Related Articles

Ultimi Articoli